di Sara Ottolenghi e Giacomo D’Alessandro
“La forza di essere vento” è il titolo dei tre incontri che hanno “popolato” la comunità del Centro Banchi durante alcune serate di marzo. Nato parafrasando Korakhanè – A forza di essere vento, del concittadino De Andrè, ha voluto racchiudere tre proposte per fermarsi, ascoltare e, in semplicità, condividere esperienze; l’idea è di un gruppo di giovani in cammino di ricerca e confronto da alcuni mesi, volenterosi di proporre anche ad un pubblico più ampio e diversificato alcuni spunti interiori sull’essenziale.
Ribellarsi ogni giorno
Giovanni Giovannetti, giornalista e fotografo pavese, ha avuto l’onere e l’onore di aprire il ciclo, raccontando la sua storia di resistenza quotidiana e cittadinanza attiva strutturata. Dalla criminalità urbanistica denunciata alle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni, dalle opportunistiche discriminazioni dei Rom ai rapporti di velata illegalità affaristica nei centri del potere amministrativo locale, Giovanni non ha risparmiato storie a tratti grottesche ed emblematiche di un sistema diffuso e ripetuto in moltissime realtà locali del Nord Italia. La scelta, insieme ad un gruppetto di attivisti dalle varie competenze, di fare inchiesta, denuncia e resistenza attiva a questi fenomeni, ha inciso non poco sulla loro vita quotidiana. Come la volta in cui si sono opposti allo sgombero scriteriato e opportunistico di un campo Rom di Pavia, spingendosi addirittura ad accogliere in casa propria un’intera famiglia per diverso tempo. O quando a seguito delle denunce dell’affarismo e delle speculazioni urbanistiche – denunce che hanno fatto saltare piani da diversi milioni di euro agli “amici degli amici” – qualcuno ha dato fuoco a casa sua, bruciando tutto il piano dove Giovanni tiene una piccola ma agguerrita casa editrice. Ed è solo il più eclatante di un insieme di atti intimidatori ricevuti dal comitato civico Insieme per Pavia. Proprio sul non essere soli Giovanni ha focalizzato la nostra attenzione, creare una piccola rete che contenga persone competenti sul fronte giuridico, amministrativo, economico, e qualcuno capace di fare da megafono mediatico. Non aver timore a cercare una sponda affidabile nel consesso politico, per avere accesso a documenti e sedi decisionali. Tante delle illegalità e delle “furbizie” a danno dei cittadini che si scoprono, Giovanni spiega come spesso si trovino semplicemente leggendo le carte: atti pubblici, atti delle istituzioni e dei consigli di amministrazione, carte giudiziarie. Un buon rapporto con la Procura può fare il resto, nel suscitare indagini dove si riscontrano le irregolarità. Sistemi da raccontare, illustrare, denunciare perché in ogni altra città si possa cercare stare in guardia, monitorare, e prevenire. Meglio che curare.
Cristianesimo, questo sconosciuto
Nella seconda serata abbiamo avuto il privilegio di ospitare al Centro Banchi Serena Noceti, teologa cattolica, e Letizia Tomassone, pastora e teologa valdese, appartenenti al CTI (Coordinamento Teologhe Italiane), a seguito di un incontro tenuto nel pomeriggio a Palazzo Ducale per parlare di “gender” con ben altri toni e contenuti del fondamentalismo emerso ancora pochi giorni prima in occasione del cosiddetto Family Day.
La conversazione è partita dalle loro esperienze di fede e di comunità, per comprendere cosa abbia portato due donne ad appassionarsi ed approfondire a livello anche accademico temi e percorsi che nell’immaginario comune sono “monopolio maschile”. Abbiamo conversato sulle sfide attuali di un cammino cristiano serio, fondato e incisivo in un mondo complesso, che sembra avere sempre meno tempo da dedicare alla spiritualità. Tra le innovazioni necessarie per un ritorno ad un cristianesimo essenziale, di comunità e di responsabilità anche sociale, si è parlato della prospettiva di un “sacerdozio comune”, libero di realizzare i diversi carismi e le diverse capacità, che superi la clericalizzazione e la divisione clero-laici nella Chiesa, sistema oggi evidentemente in crisi su entrambi i fronti. Si è infine parlato di cosa dà speranza, in una prospettiva di fede, di fronte a un mondo complesso ma anche ad un mondo ecclesiale faticoso e frammentato, lento a liberarsi di troppe ceneri soffocanti. “Mi dà speranza sapere che la vita è un cammino di passi semplici, progressivi, ma ha anche la dimensione della sorpresa. Allora bisogna saper cogliere la sorpresa e saper accompagnare ciò che ha bisogno di tempo e gradualità per crescere” ha detto Serena. “Ho visto una chiesa in giro per il mondo vivace, partecipativa e capace di leggere spazi nuovi di giustizia per tutti”.
Il Vangelo secondo De André
Il terzo incontro ha visto più di 100 partecipanti e ha avuto come protagonista Tommaso Giani, insegnante, educatore scout e seminarista, insieme ai musicisti Gigi Magnozzi, Benedetta Bollo e Giacomo D’Alessandro. Quattro giovani che ci ha accompagnati in un viaggio attraverso la Genova di De Andrè, fatta di emarginazione, ultimi, fragilità e paura, ma anche spiritualità e prossimità. Tommaso, approdato a Genova alcuni anni fa per studiare Economia, ha raccontato del periodo di ospitalità nella comunità di San Benedetto al Porto, dove ha vissuto a stretto contatto con Don Andrea Gallo. Accanto a lui ha avuto il privilegio di vivere la città vecchia raccontata da De Andrè, e quella dimensione di Genova tra umanità, bellezza ed emarginazione che spesso sfugge ad un occhio non attento. Ma a partire da canzoni come Khorakhané e Smisurata preghiera Tommaso ha raccontato anche le sue esperienze nei campi rom, il suo impegno educativo con i ragazzi a favore di un impegno concreto e senza pregiudizi in situazioni di prossimità e di bisogno, e il suo desiderio di una Chiesa capace sempre più di “spogliarsi” e farsi ultima con gli ultimi, lasciando da parte potere, ritualismi e autoreferenzialità per incontrare l’umanità nelle strade, sul “marciapiede” tanto caro a Don Gallo, il quale sempre dichiarava a questo proposito di avere cinque vangeli: Matteo, Marco, Luca, Giovanni…e il Vangelo secondo De Andrè.
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